Con la ripresa dei consumi elettrici, il tema del capacity market è tornato attuale, ripresentandosi ogni due per tre sulle testate giornalistiche… e non solo!
Il dibattito tra chi è favorevole e chi no riempie anche i social media e ha portato a galla diverse tesi.
Da un lato chi ne vede un’interessante opportunità, dall’altro lato chi si è dichiarato espressamente contrario.
Ma cosa intendiamo quando parliamo di capacity market?
Si, il tema è tornato attuale, ma sicuramente ci sono persone che ignorano completamente cosa sia.
Che cos’è il capacity market, allora?
Il capacity market è uno schema di mercato elettrico che identifica un insieme di misure volte a garantire la sicurezza del sistema e l’approvvigionamento di energia elettrica.
È nato con l’obiettivo di coprire le punte di carico in ogni area della rete attraverso risorse sempre disponibili.
È rivolto a titolari di asset di generazione fossile e rinnovabile e asset di consumo.
Questi si impegnano a mantenere e a mettere a disposizione di Terna un certa capacità produttiva.
In un secondo momento, sarà proprio Terna a rimettere all’asta tale capacità produttiva nel medio termine in cambio di una remunerazione.
Come dicevamo prima, tutto ciò non era considerata una reale preoccupazione per gli operatori di rete.
Più precisamente, dal 2013 fino ai nostri giorni, il capacity market non è stato visto come un probabile problema in quanto, proprio in quel periodo, è stato registrato un eccesso di produzione dovuto alla riduzione dei consumi: questo comportò valore nullo sul mercato dell’energia scambiata.
Le cose sono cambiate con la ripresa dei consumi elettrici nel 2017.
Ora… Perché oggi stiamo parlando di capacity market?
Perché lo scopo di Terna è quello di garantire una riserva di energia elettrica in caso di black out, da un lato tenendo testa alla crescita dei consumi e dall’altro assicurando i clienti finali contro il rischio di impennate dei prezzi.
Con tale mercato spinge molto sulle energie rinnovabili e al loro sviluppo, tra cui anche il fotovoltaico, ovviamente.
Il capacity market quindi si posizionerebbe dal lato delle risorse rinnovabili, dando loro un importante ruolo sul mercato dell’energia elettrica, perché proprio come Don Chisciotte, si troveranno a “combattere” contro quegli imponenti “mulini a vento” delle centrali convenzionali.
Ciò è possibile però solo nelle fasi di picco per evitare, quindi, che i prezzi finali schizzino alle stelle.
È così che è stato ideato un sistema di aste a cui si può partecipare volontariamente.
Dall’altro lato l’aggiudicazione di contratti di opzione avviene in base alla capacità produttiva.
Quindi, Terna a fine anno mette all’asta un certa quantità di capacità in un determinato intervallo di tempo e fa corrispondere ad ogni MW di potenza impegnata un premio in €/MW.
Sembra tutt’ok, tanto che da pochi giorni l’UE ha dato il via libera al meccanismo di regolazione della capacità.
Ciò nonostante, sono in molti a mettersi in guardia da tale meccanismo.
Dopo attente valutazioni, sono in molti a schierarsi, chi tra gli sfavorevoli al meccanismo e chi invece considera questo capacity market una vera e propria opportunità.
Da un lato infatti i pro capacity market evidenziano che:
- questo mercato potrebbe dare sostegno attraverso il premio in €/MW da aggiungere al prezzo di mercato;
- è compatibile con le norme UE sugli aiuti di Stato, senza alterare la concorrenza;
- potrebbe essere il mezzo mediante il quale raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale ed economica, adeguatezza del sistema, sicurezza approvvigionamenti e competitività sul mercato fissati entro 2030;
- potrebbe introdurre una nuova fase di investimenti per la transazione energetica
… e potrebbe essere alla base al processo della decarbonizzazione.
Dall’altro lato, invece, i traders evidenziano le negatività riscontrate nel meccanismo italiano.
Secondo l’EFET – European Federation of Energy Traders – infatti, il capacity market “potrebbe avere delle conseguenze sulla libera formazione dei prezzi sui mercati energetici e sui mercati dei servizi di bilanciamento”, contrariamente a quanto dovrebbe essere.
L’EFET infatti chiarisce che i prezzi “dovrebbero essere liberi di riflettere il vero valore della scarsità quando il sistema è sotto stress e la domanda di energia è elevata”.
E così ancora, “quando c’è abbondanza di energia, i prezzi dovrebbero riflettere il valore della sostituzione di quella generazione con la possibilità di andare perfino in negativo”.
Ancora, ad essere contro tale meccanismo, sono gli operatori delle rinnovabili e gli ambientalisti. I primi perché convinti che questo mercato favorirebbe l’utilizzo di centrali a gas, portando il mercato ad allontanarsi dagli impianti eolici –solari e verso l’accumulo elettrico.
Dall’altro lato, ambientalisti come GreenPeace, Italia Solare, Legambiente e WWF (e altri ancora) han chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico di rivedere il meccanismo alla base del capacity market.
Ciò alla luce del Clean Energy Package e del regolamento sul mercato elettrico.
Questo perché secondo gli ambientalisti, con questo meccanismo di mercato non si fa altro che andare in direzione opposta alla costituzione di una comunità energetica, consumatori attivi e generazione locale.
Anzi piuttosto sembra quasi voler incentivare la realizzazione di nuove centrali a fonti fossili.
La soluzione finale per tutti è vederci chiaro.
E’ per questo che i “contro” chiedono di riformulare il mercato della capacità nel rispetto delle norme europee.
Il loro scopo è evitare quindi che il 4 Luglio venga approvato un processo che potrebbe parlare ad una radicale riforma del settore energetico.
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